IL SISTEMA PENSIONISTICO E LE SUE CRITICITÀ’

Il sistema pensionistico italiano ha subito dagli anni ’90 in poi, un intervento imponente e riformatore, al fine, di contenere la spesa pensionistica garantendone la sostenibilità; e di effettuare il risanamento economico resosi necessario per poter rispettare i parametri di Maastricht.

Fino al 1992, infatti, il sistema pensionistico italiano ha vissuto una situazione che si può definire invidiabile, protetto da un “welfare state” che ha provveduto nel tempo alla corresponsione delle pensioni pubbliche di natura previdenziale attraverso Enti Pubblici a ciò delegati, in primis INPS e l’INPDAP, consentendo un sicuro futuro previdenziale. 

In questo articolo analizzeremo i primissimi interventi del Legislatore in materia previdenziale, per poi rimandare tale analisi a successivi articoli.

LE CRITICITÀ’ DEL SISTEMA PENSIONISTICO INIZIO ANNI 90’

 

Il bisogno previdenziale è stato coperto, sino ai primi anni ‘90, esclusivamente attraverso la previdenza obbligatoria o previdenza pubblica di base.

Il sistema della previdenza pubblica di base è stato storicamente finanziato mediante un sistema di gestione basato sul principio della ripartizione secondo cui il pagamento delle pensioni, già in essere, è finanziato dai contributi versati dai lavoratori in attività.

Tale principio presuppone, dunque, una sorta di “patto di solidarietà intergenerazionale“, in base al quale le attuali generazioni accettano di trasferire risorse a quelle precedenti.

Affinché il sistema regga, diventa dunque indispensabile un rapporto equilibrato tra lavoratori attivi e pensionati, ossia, tra contributi versati dalla popolazione lavoratrice attiva e le rendite pagate ai pensionati.

Si comprende, dunque, come a partire dagli anni ’80, e forse anche prima, il sistema abbia cominciato a dare segni di vulnerabilità con il manifestarsi di alcuni fattori critici:

  • Un fattore demografico, ovverosia, l’invecchiamento della popolazione nata nel dopoguerra e negli anni ‘50/’60; e parimenti un aumento della longevità;
  • Un fattore economico, vale a dire, la riduzione del tasso di crescita dell’economia congiuntamente alla riduzione dei livelli occupazionali e una incapacità politica di risolvere tale atavica problematica.
  • Un fattore intrinseco, riconducibile alle anomalie nel funzionamento del sistema, a causa di un rapporto lavoratori/pensionati in netta diminuzione.

 

I PROVVEDIMENTI DEGLI ANNI 90’

Al fine di contrastare tali fenomeni e per garantire il corretto equilibrio finanziario tra “contributi incassati” e “pensioni erogate, negli anni ’90 furono emanati due importanti provvedimenti:

  1. Legge 421/1992 che definì le linee guida per avviare la riforma dell’intero sistema, e successivamente i D. Lgs n. 503/1992 (la riforma Amato) e il D. Lgs. n. 124/1993, istitutivo dei Fondi Pensione.
  2. Legge n. 335/1995 (la legge Dini), con l’obiettivo di assicurare, senza troppi traumi e con gradualità, il passaggio dal sistema pensionistico di tipo retributivo al sistema pensionistico di tipo contributivo.

Con tali provvedimenti:

  • L’età pensionabile è determinata dal raggiungimento contemporaneo dell’età anagrafica minima per andare in pensione e del numero minimo di anni di contributi necessari (è necessario la sussistenza di entrambi i requisiti).
  • Si è provveduto ad innalzare gradualmente il numero minimo di anni di contributi versati per poter andare in pensione.

Tali provvedimenti non furono sufficienti per poter rendere sostenibile un sistema previdenziale che poneva molte criticità all’epoca.

Vedi anche:

IL NUOVO SISTEMA PREVIDENZIALE: DAL RETRIBUTIVO AL CONTRIBUTIVO

I TRE PILASTRI DEL SISTEMA PREVIDENZIALE

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